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Zano
e Naima sono una coppia giovane, entrambi francesi di origini
algerine; stanchi di Parigi, decidono di lasciare quel poco che
hanno e di andare in Algeria, con un viaggio fatto di
espedienti, a cercare le loro radici, mettendo in piedi un
viaggio però poco intellettuale, ma piuttosto viscerale.
Incontreranno di tutto.
Qualsiasi cosa vi aspettiate da un film, questo vi sorprenderà.
Non è un musical, ma è pieno di musica, è fatto di musica (buona
parte delle musiche sono scritte dal regista), word music, se
vogliamo incasellarla; è un road-movie, ma strano, assolutamente
atipico; i protagonisti non si accontentano di passare da un
luogo, lo vivono, sempre con gli ultimi, i reietti, non lo
abitano, non soggiornano, lasciano una traccia della loro
presenza freak. Nessuna morale, ma il viaggio è un reportage a
ritroso sulla via della disperazione, degli immigrati africani
clandestini che viaggiano con tutti i mezzi verso il paradiso
europeo.
La grandiosità di Gatlif, più che in altri episodi della sua
filmografia, sta nel gusto dell’inquadratura : fantastico.
Quadri d’autore. La prima parte del film è fatta da miriadi di
scene, proprio per esaltare questa gioia per gli occhi, mentre
l’ultima parte è scioccante. Una passeggiata tranquilla per
Algeri devastata dal terremoto, ed è strano l’effetto che fa
vedere le rovine non riprese da tg sensazionalistici, ma con
naturalezza. Infine, quasi a contraltare con la prima parte, una
scena interminabile, una danza tribale, quasi un esorcismo.
Inchiodati alla poltroncina.
Dialoghi ridotti, ma al limite dell’insensato, e quindi pieni di
verità come spesso succede (‘’scopi come una cagna; dove hai
imparato?’’ ‘’nei film porno, come te’’).
Un
film imperdibile, davvero imperdibile, un’esperienza
multisensoriale.
di:
Ale
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