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-Un bacio appassionato – di Ken Loach  2005-

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Casim è l’unico figlio maschio di due genitori pakistani, ben inseriti nella comunita’ pakistana di Glasgow, Scozia; comunita’ che, pero’, vive una realta’ a se stante dal resto. Laureato in economia e commercio, fa il DJ e vorrebbe farlo diventare il suo vero lavoro. E’ in procinto di sposarsi con una cugina che ha visto solo in foto, che arriverà dal Pakistan. Andando a prendere Tahara, la sorella più piccola, alla scuola (cattolica), conosce Roisin (Eva Birthistle, splendida, una Diana Krall – suona il piano, a chi la dovevo paragonare? – piu’ bassa e piu’ bella), la sua insegnante di musica. E’ amore, quello vero, ed e’ l’inizio di una via crucis, a causa dell’intransigenza della famiglia Khan (o del loro attaccamento ai valori, punti di vista), e della testardaggine della bionda insegnante, non per niente irlandese e divorziata (il secondo punto diventerà importante), che non accetta di perdere Casim, e sa benissimo che anche lui e’ innamorato.
Terzo e conclusivo capitolo, cosi’ pare, della trilogia scozzese di Loach, dopo ‘’My Name is Joe’’ e ‘’Sweet Sixteen’’, ‘’Un bacio appassionato’’ appare un film meno duro del resto della filmografia di Loach, e’ bene dirlo, e forse proprio perche’ parla d’amore; ma, nonostante ci sia sempre quella ironia di fondo propria del ‘’compagno’’ Ken, non e’ mai dovuta allo scontro tra tradizioni, come in molti esempi contemporanei ( ‘’Il mio grosso grasso matrimonio greco’’, ‘’Jalla! Jalla!’’, ‘’East is East’, ‘’Sognando Beckham’’). Il pregio dei film di Loach e’ l’aderenza alla realta’, e, anche in questo caso, il pretesto della storia serve a focalizzare il problema dell’integrazione, che c’e’ e come.

A dirla tutta, ce n’e’ anche per l’integralismo religioso in genere; il punto chiave del film, infatti, e’ la scena nella quale Roisin va dal suo parroco a chiedere un certificato che solo lui le puo’ rilasciare, e che le serve per avere finalmente un posto da insegnante di ruolo. Preparatevi ad incazzarvi.
Purtroppo il doppiaggio, come spesso capita, è un punto dolente; rende una macchietta il ruolo del padre di Casim, nonostante sia una figura davvero toccante, e leggendo qua e la’, pare ci faccia perdere una serie di esempi di ‘’crossover’’ linguistico piuttosto interessanti.
Non e’ un film manifesto, da lotta di classe, ma senz’altro un contributo ad una delle necessita’ di questo secolo (l’integrazione), fatto da un maestro; per il capolavoro ripasseremo.

di: Ale