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1980,
in una Spagna da poco uscita del franchismo e in piena liberazione
sessuale, Enrique, giovane regista gay col blocco dello scrittore,
riceve la visita di Ignacio, compagno al collegio dei salesiani
e primo, e forse unico, amore adolescenziale, che gli sottopone
un copione interessante, ma ne pretende la parte principale.
Il copione parla in pratica, della loro adolescenza in collegio
e delle conseguenze che essa ha avuto, e Ignacio sembra troppo
cambiato agli occhi di Enrique.
Almodóvar torna e affronta un tema complesso (l'omosessualità),
che conosce bene, che adesso è, come dire, di attualità
nel suo paese (con le proposte di Zapatero), e che non ha mai
abbandonato la sua filmografia; lo affronta in tre periodi storici
ben diversi da quelli odierni, in un paese simile, ma mai uguale
al nostro.
Appesantisce il tutto con l'educazione religiosa e la pedofilia.
Almodóvar è indubbiamente un maestro, e si vede
fin dai titoli di testa, ma il film, conservando una certa logica
nella prima parte, si perde nei meandri della sceneggiatura
nella seconda, e non basta un cast eccezionale a salvarlo dalla
confusione.
Spiace ammetterlo, perchè come sempre il film contiene
delle cose straordinarie : un ennesimo esempio, come lo chiamano
gli esperti, di metacinema (film nel film), esaltato al massimo
e molto più lungo del corto muto di "Parla con lei",
e un trattato forte e potentissimo sulla passione, e sulle conseguenze
disastrose alle quali, spesso, porta. Forse è proprio
questa passione che gli fa perdere di vista la fluidità
dell'intero film.
Straordinario Ignacio bambino (Ignacio Pérez), talmente
accattivante da concedere delle attenuanti alla pedofilia del
prete protagonista.
PS
Ditemi se Bernal travestito non è uguale alla Juliette
Lewis degli ultimi film.
di:
Ale
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