cine |
Un reduce del Vietnam, ne porta
ancora "tracce" addosso, grazie all'agente "Orange", dopo l'11
settembre si autorecluta per sorvegliare la sua città, Los
Angeles, e proteggerla dal pericolo arabo; sua nipote, cresciuta
in Africa dai genitori, missionaria (come i genitori), torna a
L.A. anche per incontrare lo zio e recapitargli una lettera da
parte della madre defunta, la sorella di lui.
Wenders si interroga sul dopo 11 settembre 2001, ma nonostante
la maestria del regista, il film risulta noioso, per niente un
capolavoro. La figura del reduce è grottesca, e anche se
ammettiamo che gente del genere esiste, non pare l'esempio
migliore da contrapporre ad una missionaria che cerca il perchè
dell'odio, e tende ad amare tutto il prossimo. Non per niente,
il punto più alto del film è il finale, poetico e riflessivo,
dove il reduce abbandona le sue paranoie e si lascia guidare dal
cuore della ragazza in un percorso doloroso ma profondo (anche
se, confrontato al resto del film, dura pochissimo). Bella la
colonna sonora, un po' rufiana, e le riprese "desertiche" che ci
riportano alla mente "Paris, Texas". Insistita l'autocitazione
di "Million Dollar Hotel". Bisogna ammettere però, che Wenders
ha il pregio di illustrarci Los Angeles "dal basso", come forse
ancora nessuno ce l'aveva mostrata, e senza spettacolarizzarla.
Michelle Williams deliziosa, ci ricorda un po' Scarlett
Johansson.
di:
Ale
|