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Certo, si notano
grandi similitudini tra i film di Samira, del padre Mohsen, di Kiarostami;
ma ce ne vogliamo fare un cruccio?
Kabul post intervento "alleato", la figlia di un carrettiere
integralista islamico frequenta, di nascosto dal padre, una scuola per
ragazze, e coltiva, non si sa quanto scherzosamente, l'ambizione di
diventare Presidente della Repubblica afgana; questa la storia.
Il film è un affesco, con splendidi contrasti tra i colori accesi dei
vestiti femminilie quelli spenti degli infiniti paesaggi afgani, che ci
racconta con eccezionale crudezza, ma assolutamente senza la minima
commiserazione (tenendo conto anche che la regista è iraniana, quindi
molto più vicina, di quanto si creda, al cosiddetto
"occidente"), la condizione attuale del popolo afgano, e delle
donne in particolare.
Divertente, demenziale, agghiacciante, intellettuale, etnico, delicato e
forte al tempo stesso; l'unica pecca, se proprio la vogliamo trovare, sta
purtroppo nella scelta di alcune voci dei doppiatori.
L'ultima sequenza è un capolavoro assoluto, e vi rimarrà dentro per un
bel po'.
Imprescindibile.
di: Ale |