Live |
Cose che ti girano in testa mentre mangi l’asfalto della
FI-PI-LI con le ruote consumate della tua macchina. Critiche,
comparazioni, similitudini. Li liquidavano, o peggio, ancora
oggi qualcuno li liquida come i Sonic Youth italiani. Il che di
per se’ mica e’ male. Ma come si fa a non sentirci i Soundgarden
nelle musiche dei Marlene, tanto per dirne una? Come, inoltre,
non rimanere affascinati dalle liriche di Cristiano, dal
contrasto di emozioni che descrive, l’amore carnale e al tempo
stesso romantico, intellettuale, platonico perfino.
L’evoluzione dei MK ha una logica, una sua bellezza e
addirittura una sua forza. Soprattutto, come non godere della
catarsi collettiva e rituale dei loro live, dove i suoni
deragliano, cozzano, si attorcigliano e poi, improvvisamente,
diventano ninne nanne, melodie sinuose e avvolgenti, sulle quali
la figura scheletrica e signorile di Godano declama le sue
inquietudini messe nella forma canzone.
Voglia forte di rivederli, curiosita’ per come i nuovi pezzi si
integreranno nel concerto, per sapere quali vecchi ‘’quadri’’
verranno rispolverati dal repertorio.
Il Flog pian piano si affolla, e la scelta di appostarsi sul
balconcino superiore, leggermente penalizzante dal punto di
vista acustico, si rivela doppiamente premiante per altri
motivi. Innanzitutto si apprezza il lento ma inesorabile flusso
dei fans; la seconda ragione la vedremo piu’ avanti. Il concerto
inizia con notevole ritardo, precisamente alle 22,55. Il nucleo
storico (Cristiano, Riccardo e Luca) si stabilisce sulla
sinistra del palco, per chi guarda, mentre la parte destra vede
il membro aggiunto Rob Ellis alle tastiere, e dietro,
leggermente defilato ma imponente, Gianni Maroccolo, barba e
capelli piu’ corti rispetto alla scorsa estate con i PGR.
Cristiano e’ impeccabile, quasi dandy, camicia rosa e capello
fluente. Si apre con Bellezza, il singolo dal cd nuovo,
scelta quantomeno inusuale per un tour promozionale. Particolare
la scelta delle luci: una decina di lampade da tavolo molto Ikea,
dalle forma vagamente a barca, bianche, illuminano il palco.
Nessun’altra ingerenza di colore, anche gli altri faretti
superiori sono sempre bianchi. Come in garage, come in sala
prove. L’esatto contraltare del light-show curatissimo e
notevole, per una produzione da club, della rock band italiana
per eccellenza, gli Afterhours. Sara’ un caso.
Subito dopo l’apertura, parte un fuoco di fila quasi
inaspettato, come se Bellezza fosse stata messa li’ per
sviare le previsioni: una doppietta da ‘’Il Vile’’, Cenere
e l’immancabile Ape Regina, la super-classica
Sonica, manifesto d’esordio dei cuneesi, la piu’ recente
Cara e’ la fine, Canzone di domani che intervalla un
altro pezzo da ‘’Che Cosa Vedi’’, Primo Maggio; l’energia
sul palco e’ palpabile, Cristiano e’ concentrato e gli altri si
divertono. Luca e Gianni sono affiatati come se suonassero da
sempre insieme, il tastierista osserva attento, quasi
preoccupato di sbagliare.
Primo Maggio
non finisce, ma scivola, tramite una tappeto di basso e
batteria, in 1°2°3°; il pubblico partecipa scandendo gli
slogan del testo, Cristiano guida il coro.
Eccoci al caos organizzato: come su ‘’Catartica’’, 1°2°3°
diventa Non ti scorgo piu’, e i suoni si impadroniscono
del Flog come a volerlo scoperchiare. Cristiano a malapena
ringrazia; dopo tre pezzi, la camicia rosa e’ diventata piu’
scura, completamente impregnata di sudore. Non c’e’ tregua:
Festa mesta (non posso evitare di ripensarci ogni volta che
la ascolto: anni fa, di supporto ai Sonic Youth, a Correggio, su
questo pezzo salto’ tre volte tre la corrente. Imperterriti
ricominciarono ogni volta) e poi una versione assolutamente
assordante di Amen. Il finale sembra un duello alla
scimitarra. Danza, splendida, Cristiano che appena la
sussurra, e poi l’unico estratto della scaletta di stasera da
‘’Ho ucciso paranoia’’, Ineluttabile. Forse IL pezzo dei
MK, imprescindibile. Cristiano presenta la band, con quel suo
fare un po’ cosi’; all’annuncio di Gianni, il Flog tributa una
vera e propria ovazione a questo monumento della musica
italiana. Sembra quasi emozionato; la situazione in effetti e’
particolare. Da notare tra il pubblico, oltre all’immancabile
Piero Pelu’, anche Giorgio Canali e Ginevra Di Marco. Ancora due
pezzi da ‘’Bianco sporco’’: La lira di Narciso fa tirare
un po’ il fiato con la sua atmosfera rarefatta, poi L’inganno,
anch’essa rarefatta, ma marziale, potente ed evocativa.
Pausa, e’ passata gia’ piu’ di un’ora. Al centro, sul palco, una
pozza di sudore, che si apprezza solo dall’alto (eccoci alla
seconda ragione ‘’premiante’’ della scelta del balconcino)
dimostra la fatica del poeta; Cristiano Godano, mi piace
ricordarlo ogni volta, e’ campione mondiale di arrotolamento di
maniche di camicia. Nessuno arrotola le maniche lunghe come lui.
La folla li richiama a gran voce, la prima parte e’ stata
decisamente carica e violenta, con un sacco di pezzi vecchi, per
la gioia di chi li conosce bene. Si riparte per il lungo finale,
che sara’ meno tirato, ma non meno denso.
A fior di pelle,
poi ancora un pezzo da ‘’Catartica’’, Mala mela, molto
carica, introduce La cognizione del dolore, bella e
straziante, dove Cristiano da’ il meglio di se’, al punto che
suona anche l’assolo (semplice, ma davvero bellissimo). E’ la
volta di E poi il buio, e il pathos si tocca davvero,
quando il piano introduce una versione di Schiele, lei, me
riarrangiata efficacemente. Chiude questa parte, l’accoppiata di
partenza di ‘’Bianco sporco’’, prima A chi succhia,
cattiva nella sostanza anche se non tantissimo nella forma (‘’ti
odio tutto qua, piu’ dei soldi e la disonesta’…’’, poi Mondo
cattivo, dove Maroccolo la fa da padrone.
E’ tardi, ma il pubblico non si da’ per vinto, ne vuole ancora.
I Marlene si concedono di nuovo; ancora un pezzo da ‘’Bianco
sporco’’, l’ottima Poeti, che acquista spessore dal vivo,
e si finisce, appropriatamente, con Notte da ‘’Senza
peso’’. Si chiude, si saluta. Le 1,20, sono passate quasi due
ore e mezzo e non c’e’ noia in giro. Solo poesia. E non e’
finta. Mi andrebbe ancora.
di:
Ale |