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Dopo il successo del precedente "La Capagira", un film quasi "etnico", Piva pare indeciso sulla strada da prendere. La realtà della Puglia "borderline", ai limiti della legalità (o completamente fuori) pare ben rappresentata, e sfottuta a dovere in tutti i suoi tic (su tutti il mignolo alzato di Rubini durante le innumerevoli bevute), ma il mio parere è che l'occhio non sia abbastanza critico. 
Per apprezzare la tristezza che vela tutto il film bisogna impegna si; pare sospeso in un limbo, a metà tra il divertimento de "La Capagira" e la tragedia conclusiva di "Mio Cognato".
Certo, resta il fatto che il film ci mostra che l'illegalità è contagiosa (notare quando, ad un certo punto del film, il personaggio di LoCascio smette di indossare le cinture di sicurezza), e magari una visione del genere in un film americano sulla mafia ci avrebbe fatto ridere. 
Ma a noi il problema ci tocca, e forse è questo che disturba. Ci rimane un film ben recitato, e una rande attenzione per le inquadrature, che ci regalano una Bari dalle mille contraddizioni fotografata stupendamente. 
Per il resto aspettiamo il prossimo film di Piva.

di: Ale

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