Dopo il piacevole ascolto del debutto "e
tutti i pesci vennero a galla", è forte la curiosità di vedere i
carneigra dal vivo.
Introdotti da un trio del
quale non riusciamo a capire il nome, abbastanza in linea musicalmente,
anche se con sbandate verso un genere di più facile fruizione e
certamente meno professionale, salgono sul palco dell'elegante Metarock
live club i livornesi; tra il pubblico, come sempre succede, tante facce
già viste, musicisti e non, dell'area pisana-livornese.
Aprono come sul cd con "Mi hanno rubato il mar", e ne propongono tutti i
pezzi più un altro paio, ahimé a noi sconosciuti, anche se ovviamente la
scaletta non è la stessa.
La coesione dei sei è sbalorditiva, a meno che non si tenga conto del
fatto che, nonostante questo sia il loro debutto ufficiale, tutti
vengono da lunghe esperienze musicali.
Mirco al contrabbasso
conferisce fascino al suono, insieme alla fisarmonica di Massimo, mai
fuori luogo e, paradossalmente, davvero moderna; Alessandro si
destreggia tra sax e clarinetto (se ho visto bene NDA), e dà profondità
al suono, Simone (anche batterista degli Ottavo Padiglione) picchia duro
alternandosi tra linee rock classiche e "patchanka" in levare, Matteo
(ex Snaporaz) soffre il palco piccolo e sciorina con disinvoltura tocchi
noise, non appena saltano gli schemi (parola che non si addice al suono
dei Carneigra, davvero "libera") di questa commistione superba di musica
popolare e rock d'autore.
Emiliano alla voce regge decisamente bene per tutta la durata del
concerto (un'ora abbondante), e personalizza il sound, pur pagando dazio
a Capossela in qualche passaggio, sia vocale, sia con "travestimenti" da
palco (elmetto con le antenne e giacca della tuta per "La formiola" -
proletaria, appunto -, tuba e frac per "L'artista"); del resto però,
anche Vinicio deve questo suo lato clownesco a Tom Waits, quindi perchè
stupirsi?
Siamo comunque su un versante musicale che merita il massimo rispetto!
Divertenti "La tacchinata del '52" e "L'artista", toccante "Modigliani"
come pure l'improvviso finale di "Djallo djelo", che coglie di sorpresa
il pubblico (Emiliano lo sottolinea dicendo che il silenzio è giusto -
di fronte alla morte ingiusta e violenta, il pezzo parla di questo -),
piena di fascino la conclusiva "Maremma", classico popolare rivisitato,
con divagazione finale, dove il "popolare" incontra i Led Zeppelin (la
linea di contrabbasso) e i Sonic Youth (la chitarra di Matteo che
"vaga") : chissà che questa direzione, se approfondita, non possa essere
la chiave per creare qualcosa di davvero accattivante, ed affascinare un
pubblico sempre più vasto.
Glielo auguriamo davvero. Bravi ragazzi!! |