| Sono 
                molto curioso di vedere dal vivo i Trail of Dead, tanto che mi 
                sento un po' in colpa per non averlo fatto prima. Forse e’ per 
                questo che dopo 10 minuti di The Black, cantautore chitarra acustica 
                e voce per una manciata di canzoni malinconiche, divento gia' 
                insofferente. Finisce The Black e salgono sul palco i Dead Meadow; 
                loro mi colpiscono molto.
 Power trio stoner e predilezione per i pezzi dall’incedere lento, 
                a parte l’imprescindibile riferimento blacksabbathiano, ricordano 
                un po' i Saint Vitus con una voce da brit-rock. Avrei scommesso 
                che il cantante-chitarrista e il bassista fossero fratelli, e 
                invece una ricerca mi dice di no. Forse a forza di frequentarsi 
                hanno finito per somigliarsi.
 Buona tecnica, set di quasi un’ora, quindi nonostante la bonta', 
                verso il finale comincio a pensare come Alex Drastico di Albanese 
                (bravi motto bravi…poi dopo un po'….), e voglio i Trail of Dead.
 
 23,37, siamo pronti e si parte con l’accoppiata che apre l'ottimo 
                e gia' sottovalutato ''Worlds Apart'' : Ode To Isis e la martellante 
                Will You Smile Again?, che mette gia' in chiaro a quale tipo di 
                concerto e di prestazione assisteremo. Due batterie sul piccolo 
                palco, un aiuto , limitato , alle tastiere (che saranno suonate 
                da un collaboratore, da Jason e da Conrad), il chitarrista Kevin, 
                calvizie incipiente e occhiali da nerd, defilato sulla sinistra 
                quasi dietro all’amplificazione, il bassista Neil, lungo e dinoccolato, 
                spavaldo e scatenato, scherza con tutti e ogni tanto si dimentica 
                di fare i cori; il batterista aggiunto Doni non si muove dalla 
                batteria di destra e contribuisce pesantemente alla grandiosita' 
                sonora della sezione ritmica, parte fondamentale del suono ToD; 
                Conrad, che in prevalenza occupa lo spazio al centro del palco, 
                si alterna alla batteria e alla voce con Jason (e alla batteria 
                va anche lui alla grande), Jason, una vera e propria forza della 
                natura, fisico da culturista tarchiato, spacca le pelli e i piatti 
                della batteria di sinistra, e in alternativa canta sobillando 
                letteralmente il pubblico che gremisce il Covo, e suona anche 
                la chitarra, onestamente in maniera non trascendentale (sarebbe 
                davvero chiedere troppo !).
 Presenza 
                costante sul palco anche un paio di tecnici, uno di spalle alle 
                tastiere e ai sampler, piu' una specie di Bluto (vedi Braccio 
                di Ferro cartoon) con gli occhiali alle accordature. Un altro 
                tecnico appare e scompare piu’ discretamente e ritira soprattutto 
                le chitarre.
 Dopo 
                il dittico iniziale c'e' The Best, dove Conrad stecca (ad onor 
                del vero il pezzo ha una parte vocale difficile), e si palesa 
                l'unico problema del concerto, la voce di Conrad che ogni tanto 
                sparisce, non si capisce se per via del microfono o per colpa 
                sua, dopodiché cominciano gli ''scambi'' tra lui e Jason.
 Si mormorava prima del concerto che quello della sera prima a 
                Milano era durato poco, questa sera si arrivera’ all’ora e venti 
                piena. Piu' che sufficiente per un concerto dalla rara intensita’ 
                sonica ed emotiva. L’impatto sonoro e’ davvero devastante, la 
                sezione ritmica ha l’imponenza di un tempio romano, le chitarre 
                tagliano e quasi riescono a dipingere l’inquietudine dai tempi 
                moderni. Il cantanto, piu' punk quello di Jason, aggiunge la giusta 
                dose di rabbia al tutto, le strutture delle canzoni disegnano 
                uno stile complesso senza dilatare i tempi. La cifra personale 
                e’ altissima, e il valore aggiunto della prestazione live dei 
                ToD e' la potenza dell’impatto, cosa che li rende davvero unici.
 Oltre a diversi estratti da ''Worlds Apart'' (superba e trascinante 
                The Rest Will Follow), non mancano pezzi da ''Source Tags & 
                Codes'' (piccoli grandi classici come Another Morning Stoner e 
                Relative Ways) e da ''Madonna''.
 
		Da sottolineare quanto si divertono i ragazzi sul palco, veramente 
		tanto.Si chiude con Conrad che chiede di accendere le luci prima degli 
                ultimi bis, per poter vedere le facce di quelli che riempivano 
                il ''fucking concrete bunker'' (cosi' aveva definito il locale 
                poco prima), con Neil che scappa dal palco e lancia una lattina, 
                mezza piena, di birra, addosso a quelli rimasti sopra, e con Jason 
                che mentre si smonta il palco continua a suonare la batteria accompagnando 
                i nastri di sottofondo.
 
		Se riusciranno a farsi capire, avranno un luminoso futuro. |